Questa mattina 3 Febbraio
2014,
pubblico questo pezzo, che per
me ha un valore fondamentale per il rapporto con i lettori del blog che mi
premiano con la loro presenza. Oggi sono ancora ricoverato in ospedale ed è dall'uscita dalla rianimazione che avevo una domanda ricorrente, anzi tante, ma
tutte con un unico filo conduttore : come uscirò da qui ? cosa farò dopo ? cosa
mi aspetta dopo un anno di attività lavorativa a fasi alterne merito il mio
stato di salute ? e il crollo verticale avvenuto il 7 Gennaio con tutte le
conseguenze che ha comportato. Non vi nego che queste domande me le hanno poste
anche i medici, la psicologa, alcuni amici, la mia Famiglia. Più avevo
pressioni a dare una risposta, (ognuno degli interlocutori con una propria
aspettativa), più le idee e le soluzioni si confondevano. Tanto che per una
settimana non ho voluto vedere né parlare con nessuno. Dopo alcuni giorni è maturata la risposta giusta: - uno che sopravvive deve onorare i suoi impegni,
e tentare di costruire qualche cosa di speciale, anche nella continuazione di
tutto quello che era cantierizzato; non posso accontentarmi di risultati di basso
profilo né di obiettivi giocati al ribasso. Dopo questa decisione ho iniziato
il giro delle telefonate e ad inviare e – mail : a professionisti che stimo, a
vecchi amici dei quali conosco la capacità professionale in un determinato ambito. A tutti ho raccontato il cambio di
stile che voglio imporre alle mie attività uscito da qui. Molti mi hanno detto: come posso ti aiuterò!! Ho pensato che un Editore può raccontare bugie a
tutti ma non a chi lo segue nelle sue pubblicazioni, anche solo su un blog non
pubblicizzato come questo, molto personale; che come da promessa dal mese di marzo rivoluzioneremo in un grande strumento di informazione generalista e di
intrattenimento. E appunto, questa mattina ho deciso di scrivere la lettera che
nei prossimi due mesi pubblicheremo ad ogni lancio di un nuovo prodotto o
servizio, perché reputo importante che sappiate chi sono Io; perché i prodotti
hanno un cuore, le Aziende anno un cuore, e anche chi dentro le Aziende vive lo
ha, non falliremo se la nostra passione riusciremo a trasferirvela con tutta
l’autenticità di cui siamo capaci, grazie.
Se
stai leggendo questo blog , è importante tu conosca la mia storia.
-
Mi chiamo Luca Ildebrando Venturi, sono nato il dodici marzo
millenovecentosessantacinque. Il luogo di nascita mi dissero era importante; sono nato in Via D’Azeglio 33 a Bologna, sono un Cittadino. A
Bologna, nel millenovecentosessantacinque, si era Cittadini se nascevi dentro
le mura della Città o per meglio dire, dentro porta; già quelli del Meloncello
non erano Cittadini . Eri campagnolo se il tuo primo vagito era risuonato al
mondo magari: a Casalecchio, San Lazzaro di Savena, Catenaso. Oltre questa
cerchia di Comuni che cinturano la Città, iniziano i Comuni della bassa abitati
dai valligiani o quelli degli appennini gli abitanti sono i montanari. Bologna
era in quegli anni in grande fermento culturale grazie alla sua Università, era
ancora vivo il ricordo ottocentesco della Bononia, a cui si aggiungevano
appellativi, “la dotta”, che ben fotografava lo stile bolognese, influenzato dall'Università più antica d’Europa oltre il Conservatorio G.B. Martini che
diplomò il giovane Mozart. I bolognesi si può dire erano sapienti per
induzione, questo contatto con l’intelligenza altrui rendeva intelligenti tutti
i Bolognesi, come una sorta di contagio benevolo che colpiva tutti gli abitanti
di questo luogo. “La grassa” un altro appellativo riferito e dal buon vivere e
buon mangiare dote riconosciuta a questa Città. A Bologna, quello che non puoi
assolutamente fare è mangiar male e bere peggio, le zdore ( mogli e madri)
capofamiglia; avevano nel millenovecentosessantacinque tre compiti: occuparsi
dell’educazione dei figli fino al raggiungimento della pubertà, occuparsi
dell’economia domestica ( far tornare i conti), necessariamente scodellare figli perché dove si mangia in quattro si mangia anche in cinque, ma il compito sacro
è cucinare , che non era produrre alimenti cotti, ma un’arte ! Quella del saper
dosare i sapori, l’alchimia dell’uso degli ingredienti ne uscivano succulenti
manicaretti, nacque su misura il detto “a
Bologna ti prendono per la gola”, per l’offerta di un piatto così prelibato
avresti acconsentito a qualsiasi concessione, anche a quella di prendere in
sposa una zitella molto buona, molto brava ( si riferisce all'organizzazione della casa e all'economia domestica) ma non molto bella. Ma sai come fa i
tortellini e il bollito, non parliamo poi della zuppa imperiale e della zuppa
inglese, una così è da sposare, l’avvenenza veniva relegata nei pregi
trascurabili. Queste erano le qualità richieste alle debuttanti bolognesi della
piccola borghesia, per sperare in un accomodamento matrimoniale soddisfacente.
Questo avveniva fino agli anni ’70 a Bologna la grassa. I maritati a queste
grandi donne, così brave in tutto, ma carenti dal punto di vista estetico; ricorrevano ai casini per soddisfare le loro voglie, esistevano le strade dei
bordelli: Via Del Pratello, Via Delle Oche, e alcuni; i più belli erano nella
centralissima Via Augusto Righi.
Iniziava
nel ’70 il fermento dei movimenti studenteschi, legati all'Università, ma
soprattutto a quell'istituzione popolare che erano le osterie, ribattezzate per
l’occasione, l’Università della strada, dove per essere promosso dovevi sapere
a memoria i canti degli Inti Illimani , a memoria i testi delle canzoni
dell’ultimo long plain del Professor Guccini, ma soprattutto fare almeno tre
filotti a partita al gioco delle boccette.
Il
Bolognese “cittadino” nel ‘65, nasceva Signore anche se aveva le pezze nei
pantaloni, e mangiava carne solo a Pasqua e Natale, uno nato dentro porta era
signore per forza.
Altra
caratteristica del Bolognese d.o.c. la necessità fisiologica del vantarsi,
soprattutto di quello che desiderava ma forse non avrebbe mai posseduto. Un vizio
e peccato veniale che a un Bolognese nel 45, era costato tre anni di carcere a
S. Giovanni In Monte. Lo sprovveduto soldato Americano che ci era venuto a liberare, si innamorò della
Torre Garisenda, che voleva comprare per smontarla e portarla a New York,
fatalità incontrò li vicino un distinto Bolognese che visto la Torre era roba
sua … trovò un buon affare vendergliela. Ma in effetti non si può mai dire di no
alla richiesta di uno straniero, in una Città dalle antiche tradizioni di buona
accoglienza.
Io sono nato in questo luogo
incantato, la Città più bella del Mondo ai miei occhi. A 8 anni il sogno finì,
migrai con i miei genitori in Lombardia,. Da quel momento e ne ero ignaro la mia
valigia rimase sempre fatta, per partire e ripartire, per raggiungere qualche
luogo nel Mondo dove avrei conosciuto nuove storie, imparando a vivere un po’
alla volta. A Bologna non tornai più se non di passaggio. Ma la bolognesità è
un carattere indelebile nel DNA di chi è nato qui e ovunque sono andato mi
hanno apprezzato, per questo modo di interpretare il vivere la vita: con la passione
per tutto quello che ho fatto,
l’amore per il lavoro e per la bella vita. Le forme e i materiali delle valige
da viaggio in 49 anni sono cambiati, ma nella mia valigia porto sempre oltre al
necessario un pezzo di Bologna, un magico amuleto, oserei dire una parte del
cuore.
Se mi fermo a pensare
ricordo: …….
Da bambino, andavo accompagnato da un mio Nonno in Via
Indipendenza angolo Piazza xx Settembre e con questo vecchio signore cosa
facevamo? Lui comprava le lamette da
barba e fino a qui tutto normale, non era normale chi le vendeva Il cantastorie o canta zirudelle, si
accomodavano in quel pezzo di Via per vendere i loro prodotti: lamette, rasoi, brillantina, e il Foglio. Il
Foglio era un pezzo di carta colorato che conteneva la “zirudella”, era la notizia decantata e messa in rima dal
cantastorie, notizia vera o vera in parte, ma sicuramente che nel finale ti
rubava un sorriso. Anche sulla notizia di un lutto loro riuscivano a scherzare
a renderlo un evento più accettabile. Grazie al Nonno, conobbi due cantastorie
di quel periodo che componevano zirudelle, poesia e canzone dialettale: Piazza
Marino il poeta contadino e Quinto Ferrari un eccezionale cantante chitarrista.
Come spesso si dice dei grandi artisti che non ebbero mai il grande successo,
se fossero nati a Parigi e non nella distratta Bologna…… A Parigi li avrebbero onorati con molte
fortune, nella Bologna degli Accademici non c’era il tempo per capire il valore
di questi autori, c’era attenzione per
Pascoli e Carducci anche se erano morti da tempo. O l’attenzione l’avevano i cantautori che si affacciavano in quel
momento storico a rottamare, sia la cultura Accademica che l’Arte Povera della
Città. Loro erano i portatori di novità o verità , che davano musica al cambiamento e soprattutto
la voce del Partito. A Bologna quando si parlava del Partito non occorreva dire
quale, il P.C.I. naturalmente. Nel 70 al
nome Bologna si aggiunge un appellativo da sommare a quelli già annoverati in precedenza: “ la rossa”. Io sono nato qui in una Città politicamente Fascista
sino al giorno prima della liberazione, quanto tutta indistintamente Comunista
il giorno dopo. Anche la toponomastica ne fece le spese, Bologna ebbe la sua
grande Via Stalingrado o Via Bandiere Rosse o ancora Piazza Dell’Unità.
Nelle Famiglie si consumò in
quegli anni una tragedia silenziosa: la Mamma Democristiana ( chiesaiola), il
Papà Comunista uno dei due figli Socialista uno Fascista. Tutte le domeniche a
tavola per pranzo erano liti da coltello, con minacce di essere diseredati. Ma
in quella situazione contraddittoria il 63% della popolazione votava
convintamente, P.C.I. e P.S.I. un bel 10% . Se eri bimbo come me e ti azzardavi
a fare domande di politica; ti veniva data una risposta secca: non sono cose
per te cinno (bambino), ero già all'ora molto curioso e origliavo i discorsi
dei grandi, dei Nonni e pensavo di avere capito; ma soprattutto la tua fede
politica si formava sulla partigianeria che andava riposta al parente più
simpatico, che per questa ragione doveva essere quello con l’idea giusta.
Il Bolognese era passato dall'avere preso la tessera del P.N.F. giustificando il fatto che per Lui; era l’acronimo: - Per Necessità Famigliari, ad
aver aderito al P.C.I. usando sempre lo stratagemma dell’acronimo come
scusante, era diventato il motivo: - Per Convenienza Interna.
L’insegnamento del: fare sempre e comunque la cosa giusta per te
stesso, della Bologna Papale non passerà mai di moda a Bologna. Il Cardinale
Bolognese Lambertini, insegnava la saggezza diplomatica con questa battuta in
bolognese: - “Tra Franza o Spagna basta cas magna”, ( Nella scelta di un
alleanza tra Francia o Spagna, basta che si mangi).
Al Bolognese potevi chiedere
di sottoscrivere un contratto di votare P.C.I. a vita e mettere la clausola
anche per gli aventi diritto, nel testamento; ma non potevi chiedere a un Bolognese di fare
il povero, il Bolognese è un Comunista grande lavoratore, ricco.
La Città nasce e cresce sino
al limite posto per imposizione politica a 900.000 abitanti in trentanni, ma dove
trova le risorse ? Semplice, dal doppio lavoro, dallo straordinario in nero, e
se il lavoratore aveva un pezzo di terra l’aiutino si chiamava MUTUA. Parliamone……….,
il postino lavora la mattina 6 ore poi il pomeriggio fa il tornitore 6 ore, a
scelta il fresatore, il manovale, l’imbianchino ecc. Questo metodo di produrre
l’extra è stato messo in atto dalla stragrande maggioranza dei lavoratori
pubblici, che parta-ime prestavano la loro opera dagli artigiani o addirittura
con un turno in fabbrica, oltre il lavoro ordinario. Ho conosciuto un postino
di Via Saffi che quando lavorava in Posta si chiamava Bastia, ma produceva di
pomeriggio carburatori alla Weber e si chiamava Corrado. Il ricavato non
tassato extra, finiva per tirar su
casa. Anche l’operaio concordava l’extra con la fabbrica, di farsi pagare lo
straordinario in nero. L’operaio con un pezzo di terra usava un altro metodo per
arrotondare: semina = MUTUA , raccolto = MUTUA , vendemmia = MUTUA , raccolta
della frutta = MUTUA ; in fabbrica e lavoro agricolo a go go . Il ricavato di
queste attività esentasse tutte per tirar su la prima casa, poi la seconda casa
per le vacanze, quella per il figlio che si sposa. Nasce così il miracolo Bologna; la Città ricca e perfetta nei
servizi alla persona. A Bologna come tante volte nella sua storia il P.C.I.ha
una grande idea da realizzare, le case di proprietà sono state fatte, i soldi
risparmiati i cittadini li hanno, come li facciamo investire ? Nasce la grande
distribuzione ovvero la COOP , inizia una raccolta dai Soci, associati tramite
i volontari delle Feste Dell’Unità, ai quali Soci si dice: - ora sei Socio
quindi comprare alla Coop conviene e se mi presti i tuoi soldi ti concedo un
tasso di interesse superiore alle banche, ( non è legale, ma garantisce il
Partito ). Tutti noi oggi sappiamo cosa
è la Coop e onore al merito, ma sarebbe bello sentire ogni tanto qualcuno che
ammette che c’è stata una condizione di vantaggio sia nell'ottenere il capitale
di partenza ulteriormente finanziato, per rifinanziare
l’impresa. Nel posizionarsi sul Territorio
amministrato da Sindaci tutti di un’unica bandiera, quella rossa. A Bologna non
esisteva disoccupazione ! Avevi il problema per il figlio disoccupato, nessun
problema il modello Coop è stato replicato nel nostro territorio: nell'industria, in agricoltura, nell'edilizia, nella ristorazione collettiva,
anche nell'ambito del mondo dello spettacolo; questo sistema aveva bisogno
sempre di un figlio al quale risolvere il problema del posto di lavoro, che
diventava un minuto dopo un elettore fedele. La macchina pubblica è sempre
stata efficiente nella nostra Città, perché nel pubblico si candidava per
l’assunzione chi quel lavoro voleva farlo, come scelta , il lavoro
pubblico in quegli anni era meno remunerativo rispetto a un contratto
industriale o a uno con una cooperativa, esisteva sempre per arrotondare il
metodo extra. Quindi fare il maestro, il medico, il postino era una scelta di
guadagnare meno percepire una maggiore tutela sindacale, non assumersi
responsabilità e guadagnare di più con l'extra. Esisteva un'altra categoria che entrava nei
posti pubblici, i meridionali migranti al Nord, al loro paese del Sud era
chiaro che il posto pubblico corrispondeva a voto di scambio, da Noi erano i
posti più modesti e liberi, o il bidello o il muratore per i terrun (terroni),
anche la rossa Bologna ha vissuto anni di esodo dal sud al nord, la nascita dei
quartieri popolari: Barca e Pilastro, l’arrivo della micro criminalità, le
tensioni; a onor del vero in vent'anni il processo di integrazione è avvenuto a
pieno senza nemmeno troppi danni. Queste trasformazioni dagli anni ‘60 agli anni
’90 un cambiamento lo ha portato : - la Famiglia bolognese si è chiusa in se,
perdendo la peculiarità dell’ospitalità come valore, ingrigendosi ed
imborghesendosi; al punto che oggi la Bologna che vi sto raccontando non esiste
più, ma fatto grave, non esiste la memoria storica di quello che è stato l’altro
ieri, come se la rimozione fosse stata un’operazione da fare per non patire dolore.
Di dolore Bologna ne ha patito tanto: le bombe del treno Italicus,
l’abbattimento dell’aereo civile Itavia Bologna/ Palermo, la morte di Franco Lo
Russo durante i motti studenteschi del 77, la strage della stazione ferroviaria,
il delitto Marco Biagi.
Questi accadimenti hanno macchiato la bolognesità, e una generazione
“tutta”, si è chiusa in se, con pudore e rassegnazione; vivendo l’abbandono
della goliardia Universitaria, agli
appellativi: la Dotta, La Grassa, La Rossa; una rinuncia come atto giusto di
espiazione, al buon vivere dei secoli passati, che non potevano durare. Tutto
quel dolore ne era la prova e i
Bolognesi si sono svegliati diversi. Ancora ingegnosi e laboriosi, ancora: comunisti
e socialisti, ma fortemente pragmatici, molto mercanti. Sicuramente dimentichi
di come si viveva bene a Bologna solo 30 anni fa’. A Bologna esisteva la parola
data; garantiva la Famiglia di origine; non eri solo Luca Ildebrando Venturi,
eri soprattutto il Figlio di Valerio, suo nonno …… è Ildebrando ! Un episodio come quello che
vi racconto di cui sono stato testimone nel 1980 non potrebbe più accadere: - a
un’assunzione il lavoratore ha un mare di firme da apporre; e ad ogni firma fa
domande, ad un certo punto il suo “Padrone”, che attendeva il carteggio firmato
gli dice: Giovanni, dai firma qua, zitto e Mosca. Giovanni non si ribello
disse: scusa Evaristo ecco le firme, chissà cosa mi passava per la testa. Era
il reciproco riconoscimento di due galantuomini, che condividevano i medesimi
valori.
Direte ? Hai iniziato con il
raccontarci chi sei, poi ti sei incartato in aneddoti, sul dove sei nato dove
in fondo hai vissuto sino a 8 anni, poi non sei più tornato. Ho scoperto a mie
spese da migrante cos'è l’imprinting, la verità è che Tu sei dove sei nato, ho
vissuto da forestiero nei luoghi dove andavo, ma lo ero di più nelle brevi visite
ai parenti che vivevano ancora nella mia Città natale. I valori appresi,
respirati anche inconsapevolmente in quegli anni, sono quello che sono oggi.E' un'ammissione che faccio con
grande sofferenza, perché migri in altri luoghi dove le regole, la
sensibilità, il modo di comunicare tra le persone ha norme relazionali
diverse, ma tu non sai fare altro che il Bolognese. A volte per questo
soccombi alle arroganze che subisci, molte volte sbagli perché sei in
compagnia di Uomini che non capisci, tante volte cerchi di superare lo
svantaggio con furbizie che alla fine sempre paghi. E quando questo avviene, la
tua parte bestiale ha il sopravvento, lo spirito di soppravivenza, la voglia di
non avere fatto tutta quella strada per nulla, ti spinge a non essere lucido e
a comportarti da bandito; lo puoi essere in tanti modi: sprovveduto,
approssimativo, inelegante, volgare, violento, affascinante, elegante,
bugiardo, vincente, perdente, anche ritenuto perbene ………….. ma sempre bandito
resti. C’è un detto che amo molto e fotografa esattamente il concetto che stavo
provando di esprimere: - “La Madre di un Brigante, sempre madre resta”.
Veniamo al punto; Sono stato nella mia vita molto
fortunato, la fortuna non ha un’origine chiara; mi è stata chiarita un giorno; ho incontrato una Donna saggia che mi ha informato: - se volevo vedere
l’origine della mia fortuna bastava frequentassi: sfortunati, poveri,
diseredati. La differenza di fortuna che mancava a loro l’avevo presa io. In 26
anni di professione ho incontrato Uomini di tutte le Nazioni, di tutti i ceti
sociali, molti di loro tristi insoddisfatti altri allegri, la differenza tra i
due stati d’animo era in un piccolo segreto; sapere donare l’eccedenza al
necessario, sapere vivere da Uomini liberi.
Ora mi pare di
avere reso un puntuale e sufficiente profilo di me; mi sentivo in dovere di
farlo perché mi possiate conoscere meglio.
Buona giornata
da, ELLEBASTA.
Nessun commento:
Posta un commento