mercoledì 24 dicembre 2014

La Regola della Confraternita R + C




LA REGOLA DELLA CONFRATERNITA R + C

Pensavo alla costituzione di un Partito politico dopo avere letto alcune esortazioni di Papa Francesco, ai Cristiani Cattolici, di impegnarsi in politica. Ho pensato a una formula di Partito preposta a sostenere la candidatura di esterni rispetto l'appartenenza a questa organizzazione, una sorta di grande elettore che di volta in volta sceglie candidature da sostenere e nomine da proporre, per ricoprire incarichi pubblici elettivi. Un'organizzazione che ponga in essere un lavoro di progettualità, rispetto i problemi organizzativi o decisionali per il bene comune. Da questo pensiero è nata la decisione di proporre una Confraternita, di uomini e donne decisi prima di tutto a dare un esempio con il proprio stile di vita, oltre a dotarsi di una regola di vita comune, e di offrirsi da subito a servizio del prossimo nelle proprie comunità di appartenenza. Il lavoro riportato di seguito è la proposta che ho avuto modo di formulare; frutto di una ricerca storica e tanta meditazione. La nostra epoca ha di fatto abbatuto le ideologie, l'appartenenza può essere legata non alla classe sociale ma a uno stile di vita. Mio Nonno diceva: - se un operaio e il suo padrone votano uguale; uno dei due è un asino. Oggi la necessità è l'annullamento dell'attività di Partiti, che offrano soluzioni, a difesa di un interesse che accomuna un'insieme di individui legati solo dal ceto. Diversamente spendersi a favore di un'organizzazione che lavora per impostare la sostenibilità di uno stile di vita nel quale una comunità intera trova: un beneficio, la sua realizzazione collettiva, uno scopo.

La vostra opinione mi sarà utile per migliorare questo testo, che voglio condividere.

Il motivo della proposta di una Confraternita nasce dal bisogno di adempiere a quello che ritengo la continuazione della mia testimonianza cristiana di evangelizzazione, oltre al desiderio di rispondere in modo concreto ad un vuoto che percepisco. Chi oggi intimamente si sente attratto dal mettersi a sevizio si interroga e non riesce a capire come iniziare, né a chi rivolgersi. Esistono Cristiani che non hanno il desiderio di appartenere a un movimento con una propria gerarchia, ad un’organizzazione che sia strumento per potere seguire ed esprimere la propria Fede. Ho quindi pensato a questa esperienza di Fratellanza da proporre in alternativa a quello che oggi esiste, che abbia attrattiva nei credenti che non si sentono accolti in nessun modo dalla Chiesa e dalle sue organizzazioni. Ho iniziato lo studio per la scrittura della Regola mutuando da Statuti, Ordinamenti, Regole di Ordini monastici costituitisi tra il 400 d.C. e il 1500 d.C. Ho assemblato e riscritto questa proposta cercando, di attenermi fedelmente a tre capisaldi: il primo è scrivere una Regola attuale e quindi possibile da vivere, tenendo conto che la Confraternita è proposta ai laici nel loro vivere quotidiano; il secondo è coinvolgere i pellegrini che decidono di aderire a questa Confraternita con atto di liberalità e che iniziano il loro cammino integrando la loro vita attuale con la Regola proposta. Ricordate il racconto della consuetudine delle stelle riguardo alla loro individualità, alla quale non debbono rinunciare ? Il terzo e ultimo caposaldo, importante quanto i precedenti, è l’assenza assoluta di gerarchia e di imposizione al’ interno della Confraternita. La Regola è un cammino attraverso il quale acquisire la capacità di autogestirsi, migliorandosi di giorno in giorno. Un cammino nel quale non si è mai soli, dove ci sono Fratelli sempre pronti a soccorrere il Confratello in difficoltà che chiede aiuto. La Confraternita e la Regola sono un regalo che possiamo condividere, dobbiamo soltanto diventare capaci di imporci la parte sanzionatoria e di correzione alle mancanze che commettiamo. La scelta del Cristiano è una strada in salita, nel momento di iniziare il cammino bisogna essere consapevoli di questo; questa consapevolezza non dev’ essere altre sì un elemento per scoraggiare la partenza, perché esistono lungo il percorso una moltitudine di amici e una quantità incredibile di gioia, costanti motivazioni per il nostro viaggio.

INTRODUZIONE ALLA REGOLA

Ascolta, Fratello, gli insegnamenti di Gesù Cristo e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore fraterno e mettili in pratica con impegno, in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza.

Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che, avendo deciso di aderire con volontà propria, impugni le fortissime e valorose armi dell’obbedienza per militare sotto il vero Re, Cristo Signore, unigenito figlio di Dio.

Prima di tutto chiedi a Dio con costante e intensa preghiera l’aiuto per portare a termine quanto di buono ti proponi di compiere in Suo nome, affinché, dopo averci misericordiosamente accolto tra i suoi figli, un giorno non abbia ad essere offeso dai nostri comportamenti.

Bisogna dunque servirsi delle grazie che ci concede per seguire il tracciato che con l’esempio Gesù ci ha dimostrato essere la giusta Via. Vivi ogni istante con tanta fedeltà nei principi ed entro i confini della Legge che ci ha indicato, fai che la Tua adesione a Servo non diventi il servizio con un’operatività infedele; la ricerca della gloria è una strada faticosa, non stancarti di chiedere aiuto a Dio con la preghiera.

Alzati, dunque, una buona volta, dietro questo incitamento che trovi nei Vangeli, scrittura che richiama tutti Noi: “E’ ora di scuotersi dal sonno!”. Aprendo occhi e orecchi a quella voce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce guida di Dio: ” Se oggi udite la sua voce, non abbiate spavento, è l’annuncio che potete camminare con gioia, incoraggiati e sostenuti dalla Sua guida”. E ancora: ” Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice a Voi”. La Voce vi chiama: “Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò come affrontare il percorso, che è un tempo definito di sacrificio, dedizione, compassione, gioia nel comprendere l’evoluzione vostra e di tutti gli esseri viventi che interagiscono con Voi ”. Affrettatevi Fratelli, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le tenebre della morte. Il nostro destino nasce, si compie e muore in un attimo, prega Dio Nostro che ti doni la capacità della migliore gestione del tempo. Alla base della gioia esistono regole tutte importanti, ma soffermiamoci su questa: guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall’iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila. Ricordati! Mai, per nessun motivo, maledire; la nostra missione è trovare il motivo, la ragione di benedire anche chi si dimostra nemico. Questa parte della Regola corrisponde alla seguente affermazione, che si trova nelle Sacre Scritture: “Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, prima ancora che mi invochiate vi dirò: Ecco sono qui”. Fratelli carissimi, cosa può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama e ci conferma, che con la Sua misericordiosa bontà ci indica la via. Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie e riveliamo a chi ci incontra che siamo cittadini del Regno di nostro Padre, accogliamo i fratelli con fiducia e proponiamoci come servi, accogliamo con gioia i doni che ci vengono offerti quali humus per la nostra crescita. Destinati ad essere nomadi per costruire, ampliare e difendere il suo Regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene. E’ un operatore di bene colui che cammina senza macchia e opera la giustizia, chi pronuncia la verità che viene dal cuore e non ha tramato inganni con la lingua, chi non ha recato danni al prossimo e non ha dato credito all’ingiuria lanciata contro di Lui, chi ha sgominato il diavolo, che malignamente cercava di sedurlo con le sue suggestioni, respingendolo dall’intimo del proprio cuore e ha impugnato coraggiosamente le sue insinuazioni per spezzarle su Cristo al loro primo sorgere. La nostra buona condotta è opera di Dio, noi lo abbiamo solo accolto affinché semini in Noi e per mezzo nostro non cadiamo perciò nel peccato di superbia. Siamo comunque peccatori in cerca della via, privilegiati dal dono di nostro Signore. E’ scritto “Non a noi, Signore, non a noi, ma per il tuo nome è la gloria”. Come fece l’apostolo Paolo, che non si attribuì alcun merito della sua predicazione, ma disse:” Per grazia di Dio sono quel che sono”, questo è il nostro stile, lo stile del Cristiano. Vi ricordo questo passo del Vangelo: “Chi ascolta da me queste parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sulla roccia. E vennero le inondazioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”. La casa della comunità cristiana costruita con questo stile è casa edificata sulla roccia. Il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni e manteniamo in manutenzione la casa, la difendiamo dall’opera e dagli attacchi del maligno. Il nostro tempo nel contesto dell’universo ha il valore di un’istante, è proprio per permetterci di correggere i nostri difetti che ci vengono dilazionati i giorni di questa vita. Dio ci ha fatti di materia, ma per vivere ci ha donato lo spirito; Dio con la sua sapienza vuole convertirci, la conversione non è altro che apprendere la strada. La nostra vita è gioia quando ci accorgiamo di questo, viviamo una vita intera umanamente soli, eppure mai spiritualmente abbandonati. Per rimanere nella grazia dobbiamo porre in essere determinati comportamenti, adoperarci a predisporre i nostri cuori e il corpo a militare sotto la santa obbedienza. Corpo e spirito sono un miracolo indissolubile. Per tutto quello, poi, di cui la nostra natura si sente incapace, preghiamo il Signore di aiutarci con la sua grazia. In questo breve tempo nel quale partecipiamo al grande progetto dell’evoluzione terrena abbiamo la possibilità di compiere tutte queste buone azioni, dobbiamo correre ed operare adesso per lasciare la giusta eredità ai nostri Fratelli di domani. Bisogna dunque istituire una scuola del servizio al Signore, nella quale mi auguro di non prescrivere nulla di duro o di gravoso; ma se, per la correzione dei difetti o per il mantenimento della carità, dovrà introdursi una certa austerità, suggerita da motivi di giustizia, non ti far prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare la via della salvezza, che in principio è necessariamente stretta e ripida. Vedrai che mentre il percorso della Fratellanza si evolve, il cammino nella fede si irradia di gioia e di consapevolezza nell’apprendere la nostra utilità e il nostro scopo della vita a servizio. Un Fratello sbaglia ma non tradisce. La fedele e convinta adesione alla nostra dottrina della fede ci rende sempre salvabili sino alla nostra morte corporale, Gesù il Cristo ha reso possibile questo con la sua morte e resurrezione, oltre ciò ci ha donato con l’esempio e i suoi insegnamenti il modo per essere salvati . Ma siamo esseri fallibili, non essendo comunque capaci di realizzare interamente lo stile di vita per la salvezza come Lui ci ha insegnato, il quale è morto per ognuno di Noi salvandoci comunque. Questo è il motivo che mi ha spinto a fondare e proporre la “C+R”.

Capitolo I – I confratelli

1. La Confraternita è l’insieme dei Confratelli .

2. Non esiste una gerarchia nella Confraternita, ma esistono i Fratelli con la loro anzianità ed esperienza.

3. I Fratelli anziani sono a servizio dei più giovani per aiutarli e sostenerli nel cammino di fede. Loro hanno il dovere di formarli e di formarsi nello spirito con carità e sussidiarietà, gli anziani con l’aiuto di molti hanno imparato a respingere le insidie del demonio; quindi, essendosi bene addestrati tra le file dei Fratelli al solitario combattimento, sono ormai capaci, con l’aiuto di Dio, di affrontare senza il sostegno altrui la lotta corpo a corpo contro le concupiscenze e le male passioni, e di trasferire un sostegno ai Fratelli che ne abbisognano.

4. Il Confratello vive la propria vita all’interno della propria comunità di origine , ha il dovere di essere riconoscibile rispetto la sua scelta di appartenenza alla C + R; inoltre deve rendersi disponibile al sevizio di evangelizzazione presso la propria comunità.

5. I Confratelli hanno il dovere di partecipare alle adunate generali che si svolgono nei giorni dei solstizi e degli equinozi.

6. Ogni Fratello ha il dovere di rispettare le diverse Confessioni Cristiane e le opinioni altrui, dal momento che non nuocciono né all’essere umano, né alla Confraternita. La diversità è fonte di ricchezza.

Capitolo II – Il Priore

1. Il Priore è il Fratello più anziano della Confraternita, è il depositario della memoria storica della stessa, conosce l’identità di tutti i Confratelli è al loro servizio, gestisce la comunicazione con essi per la gestione delle adunate. Il suo incarico dura sino alla sua morte o al suo libero abbandono della Confraternita, gli succede il Fratello secondo a Lui per anzianità.

2. Il Priore non deve insegnare, né stabilire o ordinare nulla di contrario alle leggi del Signore, anzi il suo insegnamento deve infondere nelle anime dei Confratelli il fermento della santità.

3. Il Priore deve proporsi ai propri Confratelli con un duplice insegnamento, mostrando con i fatti più che con le parole tutto quello che è buono e santo: in altri termini, insegni oralmente i comandamenti del Signore ai Confratelli più sensibili e recettivi, ma li presenti esemplificati nelle sue azioni. Confermi con la sua condotta che bisogna effettivamente evitare quanto ha presentato ai confratelli come riprovevole. L’insegnamento non si comunica solo con parole ed azioni ma anche stando ben attenti a meditare una severa autocritica e ad analizzare ed accogliere le critiche: “Tu che vedevi la pagliuzza nell’occhio del tuo Fratello, non ti sei accorto della trave nel Tuo”.

4. Il Priore si guardi dal fare preferenze nella Confraternita: non ami l’uno più dell’altro; non anteponga un Fratello proveniente da un ceto elevato ad uno di umili origini. Tutti siamo una cosa sola in Cristo e, militando sotto uno stesso Signore, prestiamo un eguale servizio. Infatti, “dinanzi a Dio non ci sono parzialità” e una cosa sola ci distingue presso di lui: se siamo umili e migliori degli altri nelle opere buone. Quindi Il Priore ami tutti allo stesso modo, seguendo per ciascuno una medesima regola di condotta basata sui rispettivi meriti.

5. Il Priore per quanto riguarda poi l’aiuto dei Fratelli, bisogna che tenga presente la norma dell’apostolo: “Correggi, esorta, rimprovera” e precisamente, alternando i rimproveri agli incoraggiamenti, a seconda dei tempi e delle circostanze, sappia dimostrare la severità del maestro insieme con la tenerezza del padre.

6. Il Priore nel continuo timore dell’esame e stimolo a cui verrà sottoposto da parte della Confraternita riguardo al servizio da rendere ai Confratelli che gli sono stati affidati, mentre si preoccupa del rendiconto altrui, si fa più attento al proprio e corregge i suoi personali difetti, aiutando gli altri a migliorarsi con le sue ammonizioni.

7. Il Priore è il depositario del registro della Confraternita che contiene l’anagrafica di tutti i Fratelli, il testo della regola, le rilevanze delle adunanze. Il Priore ha la responsabilità del suo aggiornamento. Il Priore ne perde il possesso quando viene avvicendato. Il registro della Confraternita lo eredita il nuovo Priore.

Capitolo III - La consultazione della Confraternita

1. Ogni volta che nella Confraternita bisogna trattare qualche questione importante, il Priore ha il dovere di convocare tutta la comunità ed esporre personalmente il motivo dell’adunanza. Dopo aver ascoltato il parere dei Fratelli, riflette in solitudine e comunica la sintesi e la decisione maturata per dare risposta al quesito che si è trattato, la soluzione che gli sembra più opportuna. Il metodo della consultazione di tutta la comunità è il metodo che ci siamo dati, perché spesso è proprio al più giovane dei Confratelli che il Signore rivela la soluzione migliore. I Confratelli esprimano il loro parere con tutta umiltà e sottomissione, senza pretendere di imporre a ogni costo le loro vedute; comunque la decisione finale spetta al Priore e, una volta che questi avrà stabilito ciò che è più conveniente, tutti dovranno obbedirgli. D’altra parte, come è doveroso che i Confratelli obbediscano al Priore, così è bene che anche lui predisponga tutto con prudenza ed equità. In ogni cosa tutti seguano come orientamento la Regola e nessuno osi allontanarsene.

"Fa’ tutto col consiglio e dopo non avrai a pentirtene".

La Confraternita si riunisce in adunanza al calar del sole i giorni dei solstizi e degli equinozi. A insindacabile giudizio del Priore potranno essere convocate adunanze straordinarie nel corso dell’anno in date e luoghi comunicati ai Fratelli alla bisogna.

Capitolo IV - Gli strumenti delle buone opere

1. Prima di tutto amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.

2. Amare il prossimo come se stessi.

3. Non uccidere.

4. Non commettere adulterio.

5. Non rubare.

6. Non avere desideri illeciti.

7. Non mentire.

8. Onorare tutti gli uomini.

9. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso.

10. Rinnegare completamente se stessi per seguire Cristo.

11. Amare il digiuno.

12. Soccorrere i poveri.

13. Non cercare le comodità.

14. Alleviare tutte le sofferenze, consolare quelli che sono nell’afflizione.

15. Rendersi estranei alla mentalità del mondo.

16. Non anteporre nulla all’amore di Cristo.

17. Non dare sfogo all’ira, non serbare rancore, non covare inganni nel cuore, non dare un falso saluto di pace, non abbandonare la carità.

18. Non giurare per evitare spergiuri, dire la verità con il cuore e con la bocca, non rendere male per male.

19. Non fare torti a nessuno, ma sopportare pazientemente quelli che vengono fatti a te; imparare ad amare i nemici.

20. Non ricambiare le ingiurie e le calunnie, ma piuttosto rispondere con la benevolenza verso i propri offensori, sopportare persecuzioni per la giustizia.

21. Non essere superbi.

22. Non bere alcolici.

23. Non essere ingordi.

24. Non dormire oltre il necessario per rigenerare le forze, non essere pigri.

25. Non creare false notizie, non maledire.

26. Riporre in Dio la propria speranza, attribuire a Lui e non a sè quanto di buono scopriamo in noi, essere consapevoli che il male viene da noi e accettarne la responsabilità.

27. Anelare con tutta l’anima alla vita eterna, prospettarsi sempre la possibilità della morte.

28. Vigilare continuamente sulle proprie azioni, essere convinti che Dio ci guarda dovunque.

29. Spezzare subito in Cristo tutti i cattivi pensieri che ci sorgono in cuore e manifestarli al padre spirituale.

30. Guardarsi dai discorsi cattivi o sconvenienti, non parlare molto, non dire parole leggere o ridicole, non ridere spesso e smodatamente.

31. Ascoltare volentieri la lettura della parola di Dio, dedicarsi con frequenza alla preghiera; in questa confessare ogni giorno a Dio con profondo dolore le colpe passate e cercare di emendarsene per l’avvenire.

32. Non appagare i desideri della natura corrotta, odiare la volontà propria, ricordando quel precetto del Signore:” Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno”.

33. Non voler esser detti santi prima di esserlo, ma diventare veramente tali, in modo che poi si possa dirlo con più fondamento.

34. Adempiere quotidianamente ai comandamenti di Dio.

35. Amare la castità, non odiare nessuno, non essere gelosi, non coltivare l’invidia, non amare le contese, fuggire l’alterigia e rispettare gli anziani, amare i giovani, pregare per i nemici nell’amore di Cristo; nell’eventualità di un contrasto con un fratello, stabilire la pace prima del tramonto del sole.

36. E non disperare mai della misericordia .
Ecco, questi sono gli strumenti dell’arte spirituale! Se li adopereremo incessantemente di giorno e di notte e li riconsegneremo nel giorno del Giudizio, otterremo dal Signore la ricompensa promessa da lui stesso:
"Né occhio ha mai visto, né orecchio ha udito, né mente d’uomo ha potuto concepire ciò che Dio ha preparato a coloro che lo amano".
L’officina, poi, in cui bisogna usare con la massima diligenza questi strumenti è formata dalle strade quotidiane della tua vita e dalla stabilità nella propria famiglia che è la prima chiesa.

Capitolo V - L’obbedienza

1. Il segno più evidente dell’umiltà è la prontezza nell’obbedienza e nel rispondere positivamente alle richieste di aiuto.

2. Questa è caratteristica dei Fratelli che non hanno niente più caro di Cristo e, a motivo del servizio santo a cui si sono consacrati, appena ricevono una richiesta da un Fratello bisognoso, non si concedono dilazioni nella sua esecuzione, come se essa venisse direttamente da Dio. E’ di loro che il Signore dice: ” Appena hai udito, mi hai obbedito” e “Chi ascolta voi, ascolta me”.

3. Quindi questi Fratelli che si distaccano subito dalle loro preferenze e rinunciano alla propria volontà, si liberano all’istante dalle loro occupazioni, e si precipitano a rispondere, in modo che alla richiesta del bisognoso seguano immediatamente i fatti.

4. Il fratello non è intimorito dal dover adempire alle richieste. Egli si slancia dunque per la via stretta della quale il Signore dice: “Angusta è la via che conduce alla vita”; perciò non vive secondo il proprio capriccio né segue le sue passioni e i suoi gusti, ma procede secondo la necessità altrui.

5. Senza dubbio i Confratelli prendono ad esempio quella sentenza del Signore che dice: “Non sono venuto a fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato”.

6. Tuttavia, questa obbedienza sarà accetta a Dio e gradevole agli uomini se il servizio ricevuto verrà eseguito senza esitazione, lentezza o tiepidezza, e tantomeno con mormorazioni o proteste, perché l’obbedienza che si presta agli uomini è resa a Dio, come ha detto Lui stesso: “Chi ascolta voi, ascolta me”. I Fratelli dunque devono obbedire con slancio e generosità, perché “Dio ama chi dà lietamente”.

Capitolo VI - L’amore del silenzio

1. Facciamo come dice il profeta: “Ho detto: Custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche su cose buone”.

2. Se con queste parole egli dimostra che per amore del silenzio bisogna rinunciare anche ai discorsi buoni, quanto più è necessario troncare quelli sconvenienti.

3. Dunque l’importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti, perché sta scritto: “Nelle molte parole non eviterai il peccato” e altrove: “Morte e vita sono in potere della lingua”.

4. Escludiamo dalla nostra condotta sempre e dovunque la trivialità, le frivolezze e le buffonerie e non rendiamoci responsabili di discorsi di questo genere.

Capitolo VII - L’umiltà

1. La sacra Scrittura si rivolge a noi, Fratelli, proclamando a gran voce: “Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Così dicendo, ci fa intendere che ogni esaltazione è una forma di superbia, dalla quale il profeta mostra di volersi guardare quando dice: “Signore, non si è esaltato il mio cuore, né si è innalzato il mio sguardo, non sono andato dietro a cose troppo grandi o troppo alte per me”.

2. E allora? “Se non ho nutrito sentimenti di umiltà, se il mio cuore si è insuperbito, tu mi tratterai come un bimbo svezzato dalla propria madre”. Quindi, Fratelli miei, se vogliamo raggiungere la vetta più eccelsa dell’umiltà e arrivare rapidamente a quella glorificazione celeste, a cui si ascende attraverso l’umiliazione della vita presente, bisogna che con il nostro esercizio ascetico innalziamo la scala che apparve in sogno a Giacobbe e lungo la quale questi vide scendere e salire gli angeli. Non c’è dubbio che per noi quella discesa e quella salita possono essere interpretate solo nel senso che con la superbia si scende e con l’umiltà si sale. La scala così eretta, poi, è la nostra vita terrena che, se il cuore è umile, Dio solleva fino al cielo; noi riteniamo infatti che i due lati della scala siano il corpo e l’anima nostra, nei quali la divina chiamata ha inserito i diversi gradi di umiltà o di esercizio ascetico per cui bisogna salire.

3. Dunque il primo grado dell’umiltà è quello in cui, rimanendo sempre nel santo timore di Dio, si fuggono decisamente la leggerezza e la dissipazione, si tengono costantemente presenti i divini comandamenti e la vita eterna preparata per i giusti.

4. Il secondo grado dell’umiltà è il seguente: il Fratello, mentre si astiene costantemente dai peccati e dai vizi dei pensieri, della lingua, delle mani, dei piedi e della volontà propria, come pure dai desideri della carne, deve prendere coscienza che Dio lo osserva a ogni istante dal cielo e che, dovunque egli si trovi, le sue azioni non sfuggono mai allo sguardo divino e sono di continuo riferite dagli angeli. E’ ciò che ci insegna il profeta, quando mostra Dio talmente presente ai nostri pensieri da affermare: “Dio scruta le reni e i cuori”, come pure: “Dio conosce i pensieri degli uomini e aggiunge: “Hai intuito di lontano i miei pensieri”, infine: “Il pensiero dell’uomo sarà svelato dinanzi a te”.

5. Il terzo grado dell’umiltà è questo: per potersi coscienziosamente guardare dai cattivi pensieri, bisogna che il Fratello vigile e fedele ripeta sempre tra sé: “Sarò senza macchia dinanzi a lui, solo se mi guarderò da ogni malizia”. Ci è poi vietato di fare la volontà propria, dato che la Scrittura ci dice: “Allontanati dalle tue voglie” e per di più, nel Padre Nostro, chiediamo a Dio che in noi si compia il Suo volere. Perciò ci viene giustamente insegnato di non fare la nostra volontà, evitando tutto quello di cui la Scrittura dice: “Ci sono vie che agli uomini sembrano diritte, ma che sprofondano negli abissi dell’inferno” e anche nel timore di quanto è stato affermato riguardo ai negligenti: “Si sono corrotti e sono divenuti spregevoli nella loro dissolutezza” . Quanto poi alle passioni della nostra natura decaduta, bisogna credere ugualmente che Dio è sempre presente, secondo il detto del profeta: “Ogni mio desiderio sta davanti a te”. Dobbiamo quindi guardarci dalle passioni malsane, perché la morte è annidata sulla soglia del piacere. Per questa ragione la Scrittura prescrive: “Non seguire le tue voglie”. Se dunque “gli occhi di Dio scrutano i buoni e i cattivi” e se “il Signore esamina attentamente i figli degli uomini per vedere se vi sia chi abbia intelletto e cerchi Dio”, se a ogni momento del giorno e della notte le nostre azioni vengono riferite al Signore dai nostri angeli custodi, bisogna, Fratelli miei, che stiamo sempre in guardia per evitare che un giorno Dio ci veda perduti dietro il male e isteriliti, come dice il profeta nel Salmo e, pur risparmiandoci per il momento, perché è misericordioso e aspetta la nostra conversione, debba dirci in avvenire: “Hai fatto questo e ho taciuto”.

4. Il quarto grado dell’umiltà è quello in cui, non amando la propria volontà, non si trova alcun piacere nella soddisfazione dei propri desideri, ma si imita il Signore, mettendo in pratica le sue parole quando dice: “Non sono venuto a fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato”. Così pure un antico testo afferma: “La volontà propria procura la pena, mentre la sottomissione conquista il premio”.

5. Quinto grado dell’umiltà è quello in cui il Fratello per amore di Dio si adopera per dare risposta alle richieste con assoluta obbedienza, a imitazione del Signore, del quale l’Apostolo dice: “Fatto obbediente fino alla morte”.

6. Sesto grado dell’umiltà è quello del Fratello che, pur incontrando difficoltà, contrarietà e persino offese non provocate nell’esercizio dell’obbedienza, accetta in silenzio e volontariamente la sofferenza e sopporta tutto con pazienza, senza stancarsi né cedere secondo il monito della Scrittura: “Chi avrà sopportato sino alla fine, questi sarà salvato”, e ancora: “Sia forte il tuo cuore e spera nel Signore”; per dimostrare come il servo fedele deve sostenere per il Signore tutte le possibili contrarietà, esclama per bocca di quelli che patiscono: “Ogni giorno per te siamo messi a morte, siamo trattati come pecore da macello”. Ma con la sicurezza che nasce dalla speranza della divina retribuzione, costoro soggiungono lietamente: “E di tutte queste cose trionfiamo in pieno, grazie a colui che ci ha amato”, mentre altrove la Scrittura dice: “Ci hai provato, Signore, ci hai saggiato come si saggia l’argento col fuoco; ci hai fatto cadere nella rete, ci hai caricato di tribolazioni”. Quei Fratelli, però, adempiono il precetto del Signore, esercitando la pazienza anche nelle avversità e nelle umiliazioni, e, percossi su una guancia, presentano l’altra, cedono anche il mantello a chi strappa loro di dosso la tunica, quando sono costretti a fare un miglio di cammino ne percorrono due, come l’Apostolo Paolo sopportano i falsi Fratelli e ricambiano con parole le offese e le ingiurie.

7. Settimo grado dell’umiltà consiste nel manifestare con un’umile confessione al proprio confessore tutti i cattivi pensieri che sorgono nell’animo o le colpe commesse in segreto, secondo l’esortazione della Scrittura, che dice: “Manifesta al Signore la tua via e spera in lui”. E anche: “Aprite l’animo vostro al Signore, perché è buono ed eterna è la sua misericordia”, mentre il profeta esclama: “Ti ho reso noto il mio peccato e non ho nascosto la mia colpa. Ho detto: “confesserò le mie iniquità dinanzi al Signore” e tu hai perdonato la malizia del mio cuore”.

8. Ottavo grado dell’umiltà è quello in cui il Fratello si contenta delle cose più misere e grossolane e si considera un operaio incapace e indegno nei riguardi di tutto quello che gli impone l’obbedienza, ripetendo a se stesso con il profeta: “Sono ridotto a nulla e nulla so; eccomi dinanzi a te come una bestia da soma, ma sono sempre con te”. L’ottavo grado dell’umiltà consiste non solo nel qualificarsi come il più miserabile di tutti, ma nell’esserne convinto dal profondo del cuore, umiliandosi e dicendo con il profeta: “Ora io sono un verme e non un uomo, l’obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe”;
"Mi sono esaltato e quindi umiliato e confuso" e ancora: "Buon per me che fui umiliato, perché imparassi la tua legge".

9. Nono grado dell’umiltà è quello in cui il Fratello non fa nulla al di fuori di ciò a cui lo sprona la regola comune della Confraternita e l’esempio del Priore e degli anziani.

10. Decimo grado dell’umiltà è proprio del Fratello che sa dominare la lingua e, osservando fedelmente il silenzio, tace finché non è interrogato, perché la Scrittura insegna che “nelle molte parole non manca il peccato” e che “l’uomo dalle molte chiacchiere va senza direzione sulla terra”.

11. Undicesimo grado dell’umiltà è quello in cui il Fratello non è sempre pronto a ridere, perché sta scritto: “Lo stolto nel ridere alza la voce”.

12. Dodicesimo grado dell’umiltà è quello nel quale il monaco, quando parla, si esprime pacatamente e seriamente, con umiltà e gravità, e pronuncia poche parole assennate senza alzare la voce , come sta scritto: “Il saggio si riconosce per la sobrietà nel parlare”.

13. Tredicesimo grado, infine, è quello del Fratello la cui umiltà non è puramente interiore, ma traspare di fronte a chiunque lo osservi da tutto il suo atteggiamento esteriore, in quanto durante l’Ufficio divino o nella vita pubblica, sia che cammini sia che stia in piedi, tiene costantemente il capo chino e gli occhi bassi; ripetendo continuamente in cuor suo ciò che disse, con gli occhi fissi a terra, il pubblicano del Vangelo: “Signore, io, povero peccatore, non sono degno di alzare gli occhi al cielo”. E ancora con il profeta: “Mi sono sempre curvato e umiliato”.
Una volta saliti tutti gradini della scala dell’umiltà, il Fratello avrà acquisito quella carità, che quando è perfetta, scaccia il timore; per mezzo di essa comincerà allora a custodire senza alcuno sforzo e quasi naturalmente, grazie all’abitudine, tutto quello che prima osservava con una certa paura; in altre parole non più per timore dell’inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per il gusto della virtù. Sono questi i frutti che, per opera dello Spirito Santo, il Signore si degnerà di rendere manifesti nel suo servo, purificato ormai dai vizi e dai peccati.

Capitolo VIII - La celebrazione dei divini Offici durante le ore del giorno

1. ”Sette volte al giorno ti ho lodato”.

2. Questo sacro numero di sette sarà adempiuto da noi, se assolveremo i doveri del nostro servizio alle Lodi ora 6° della giornata, ora 7° della giornata , ora 10° della giornata, ora 13° della giornata, ora 15° della giornata, Vespro ora 22° della giornata, prima di dormire recitare Compieta.

3. Recitare all’ora sesta il “Padre nostro”

4. Le altre ore recitare : “Padre Nostro” insieme al Gloria al Padre e all’Ave Maria.

5. La ventiduesima ora recitare il Vespro.

6. Prima di dormire recitare Compieta.

La riverenza nella preghiera

1. Se quando dobbiamo chiedere un favore a qualche persona che consideriamo onorevole, osiamo farlo solo con soggezione e rispetto, quanto più dobbiamo rivolgere la nostra supplica a Dio, Signore di tutte le cose, con profonda umiltà e sincera devozione. Bisogna inoltre sapere che non saremo esauditi per le nostre parole, ma per la purezza del cuore e la compunzione che strappa le lacrime. Perciò la preghiera dev’essere breve e pura, a meno che non venga prolungata dall’ardore e dall’ispirazione della grazia divina.

Capitolo IX - Il “vizio” della proprietà

1.Nella Confraternita questo vizio dev’essere assolutamente stroncato fin dalle radici. “Tutto sia comune a tutti”, come dice la Scrittura, e “nessuno dica o consideri propria qualsiasi cosa”.

2. L’economia dei Confratelli prevede il possesso delle cose e non la proprietà, ma anche a questo privilegio il Fratello rinuncia volentieri in favore della sussidiarietà, affermando con i fatti la propria missione mutualistica.

3. La proprietà è un vincolo che prevede il controllo, la contrattazione, impone di deviare il cammino contaminandolo con regole diverse dalla nostra convinzione. Tutto quello che abbiamo lo abbiamo avuto in dono con l’ordine di condividerlo. Siamo depositari, non proprietari.

Capitolo X - La distribuzione del necessario

1.”Si distribuiva a ciascuno proporzionatamente al bisogno”, si legge nella Scrittura. Con questo non intendiamo che si debbano fare preferenze - Dio ce ne liberi! - ma che si tenga conto delle eventuali debolezze; quindi chi ha meno necessità, ringrazi Dio senza amareggiarsi, mentre chi ha maggiori bisogni, si umili per la propria debolezza, invece di montarsi la testa per le attenzioni di cui è fatto oggetto e così tutti i membri della Confraternita staranno in pace. Soprattutto bisogna evitare che per qualsiasi motivo faccia la sua comparsa il male della mormorazione, sia pure attraverso una parola o un gesto.

2. Il Fratello osservi sempre questa regola fondamentale nella spartizione del possesso di un bene , che lo preserverà dall’ottenere l’ingiusto o dal mortificare un Fratello svantaggiandolo. “Un Fratello compie il frazionamento di un bene, all’altro spetta la scelta di quale parte entrare in possesso e a quale rinunciare”: la saggezza di Salomone ci preserva dall’ingiustizia e dall’inimicizia.

Capitolo XI - La misura del cibo

1. Volendo tenere il debito conto delle proprie necessità individuali, le ore del pasto saranno le seguenti: all’ora 5° della giornata il pranzo e dopo il calare del sole, prima dei Vespri e Compieta , la cena.

2. Dunque a tutti i Fratelli devono bastare due pietanze cotte, ferma restando la possibilità di procurarsi frutta o legumi freschi. Il primo pasto prevede una pietanza cotta, nel secondo pasto una pietanza cotta e legumi o frutta.

3. Di pane ne basta un mezzo chilo al giorno, pranzo e cena, cosi suddiviso e somministrato: un terzo a pranzo e due terzi a cena.
Nel caso che il lavoro quotidiano sia stato più gravoso del solito, se lo riterrete opportuno, avrete piena facoltà di aggiungere un piccolo supplemento, purché si eviti assolutamente ogni abuso e il Fratello si guardi dall’ingordigia. Nulla è tanto sconveniente per un cristiano quanto gli eccessi della tavola, come dice lo stesso nostro Signore: “State attenti che il vostro cuore non sia appesantito dal troppo cibo”.

4. Tutti i Fratelli infine si astengano assolutamente dalla carne ad eccezione di quella dei pesci; un’eccezione sul cibarsi di carne di quadrupedi è fatta in caso di necessità per motivi di malattia.

5. Il digiuno è prescritto tutti i venerdì, nel periodo della quaresima.

Capitolo X - La misura del vino, delle bevande alcoliche, delle droghe

1.Il vino, l’alcool e le droghe danneggiano i saggi e li rendono schiavi, ne condizionano il giudizio e l’integrità, sono controllati da Satana.

2. E’ fatto assoluto divieto ai Fratelli il consumo di droghe, vino ed alcool.

3. Il Fratello può bere diversamente dall’acqua solo infusi e tisane.

Capitolo XI - Il silenzio dopo Compieta

1. I Fratelli devono custodire sempre il silenzio con amore, ma soprattutto durante la notte. L’ultima attività del giorno del Fratello è la recita di Compieta che, per motivi pratici legati all’attività lavorativa, può essere recitata prima del sonno senza un orario preciso. Da questo momento sino all’ora 6° della giornata il Fratello si atterrà alla regola del silenzio. 

Capitolo XII - La quaresima dei Fratelli

1. Anche se è vero che la vita del Fratello deve avere sempre un carattere quaresimale, visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno.

2. Questo si realizza degnamente astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con impegno alla preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della parola di Dio, alla compunzione del cuore e al digiuno.

3. Perciò durante la Quaresima aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per esempio preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere per una giornata oltre il venerdì, in modo che ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio “con la gioia dello Spirito Santo” qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione di fede; si privi cioè di un po’ di cibo o di sonno, mortifichi la propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo e attenda la santa Pasqua con l’animo fremente di gioioso desiderio.

4. Ma anche ciò che ciascuno vuole offrire personalmente a Dio dev’essere prima umilmente riflettuto e poi sottoposto al giudizio di nostro Signore ed infine compiuto con la sua benedizione e approvazione, perché tutto quello che si fa senza il permesso di nostro Signore sarà considerato come presunzione e vanità, anziché come merito.

Capitolo XIII - La chiesa di riferimento del Fratello.

1. La chiesa sia quello che dice il suo nome, quindi in essa non si faccia né si riponga altro, solo un luogo santo di preghiera.

2. Alla fine dell’Ufficio divino si scelga una chiesa dove poter pregare in perfetto silenzio e con grande rispetto per Dio, in modo che, se un Fratello volesse rimanere a pregare privatamente, non sia impedito dall’indiscrezione altrui.

3. Perciò, come abbiamo detto, chi non intende dedicarsi all’orazione si guardi bene dal trattenersi in chiesa dopo la celebrazione del divino Ufficio, per evitare che altri siano disturbati dalla sua presenza.

4. Scegliamo una chiesa con queste caratteristiche e radichiamoci rispetto al luogo scelto, senza più cambiare. Rendiamoci disponibili al servizio verso la comunità che frequenta la chiesa. Per quanto è nella nostra capacità e possibilità, rendiamoci disponibili ai bisogni della comunità se riceviamo richieste, chiedendo a Dio Nostro Padre di renderci capaci di accoglienza.

Capitolo XIV - L’accoglienza degli ospiti

1.Tutti gli ospiti che si rivolgono a noi siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto”; a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri Confratelli e ai pellegrini.

2. Quindi, non appena un Fratello vi chiede ospitalità, gli si vada incontro, manifestandogli in tutti i modi il nostro amore; per prima cosa preghiamo per Lui insieme a Lui, poi entriamo in comunione scambiandoci la pace.

3. Un bacio di pace sia offerto ma non prima della preghiera, per evitare illusioni diaboliche.

4. Col saluto si dimostri già una profonda umiltà verso gli ospiti in arrivo o in partenza dalla nostra dimora, adorando in loro, con il capo chino o in ginocchio, lo stesso Cristo, che così viene accolto nella comunità.

5. Dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare e si legga all’ospite un passo della sacra Scrittura, per sua edificazione; poi gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità.

6. Se è uno dei giorni di digiuno, il Fratello rompa pure il suo digiuno per far compagnia all’ospite. La formula del saluto all’ospite sarà la recita di questa frase: - “Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, nel mezzo del tuo Tempio”.

7. Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibili, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare.

Capitolo XV – Elementi distintivi dei Fratelli.

1. Ogni Fratello deve essere riconoscibile, la riconoscibilità lo rende immediatamente disponibile verso chi ha bisogno di aiuto e lo domanda.

2. La riconoscibilità è l’elemento che comunica a chi ti incontra “in quest’uomo in cammino puoi trovare la testimonianza del Vangelo, aderisce alla Regola della Confraternita R+C”

3. Primo elemento: al dito medio della mano sinistra il Fratello indosserà un anello in argento, intarsiato in smalto, raffigurante una croce di colore nero recante una rosa rossa.

4. Secondo elemento: il copricapo sarà una kippah rossa sulla cui sommità è ricamata una croce nera con al centro una rosa rossa. Sul fianco un ricamo in oro, raffigurante le cifre C+R . Il copricapo viene indossato dal Fratello solo durante la preghiera.

5. Motivo della simbologia della Confraternita C+R : La Croce simbolizza la crocefissione, la discesa dello Spirito nella carne, la Resurrezione, il compimento del disegno divino. Questa esperienza di Confraternita, con l’allargamento della coscienza, deve fare sbocciare le Rose sulla Croce, cioè far fiorire le potenzialità spirituali “crocifisse” e latenti in ogni Fratello. La cifra C+R simboleggia il saluto fra Confratelli “ Cristo + Regni”.

Capitolo XVII - Norme per l’accettazione dei Fratelli

1. Quando si presenta un aspirante alla vita di Fratello, non bisogna accettarlo con troppa facilità ma: “Provate gli spiriti per vedere se vengono da Dio”. Quindi, se insiste per entrare e per tre o quattro mesi dimostra di saper sopportare con pazienza i rifiuti poco lusinghieri e tutte le difficoltà opposte al suo ingresso, perseverando nella sua richiesta sia pure accolto con gioia con il riguardo che va riservato all’ospite.

2. Gli si prospetti tutta la durezza e l’asperità del cammino che conduce a Dio. Se darà sicure prove di voler perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi dalla sua accoglienza gli si legga per intero questa Regola e gli si dica: “Ecco la legge sotto la quale vuoi militare; se ti senti di poterla osservare, entra; altrimenti, va’ pure via liberamente”. Se la sua volontà è convintamente di aderire alla Confraternita, passati sei mesi, gli si legga di nuovo la Regola, perché prenda coscienza dell’impegno che sta per assumersi. E se continua a perseverare, dopo altri quattro mesi, gli si legga ancora una volta la stessa Regola. Se allora, dopo aver seriamente riflettuto, prometterà di essere fedele in tutto e di obbedire a ogni comando, sia pure accolto nella comunità, ma sappia anche che l’autorità della Regola gli vieterà da quel giorno di uscire dalla Confraternita e di sottrarsi al giogo della disciplina che, in una così prolungata deliberazione, ha avuto la possibilità di accettare o rifiutare liberamente. L’ammissione alla Confraternita avverrà durante la prima adunanza utile.

3. Al momento dell’ammissione faccia in coro, davanti a tutta la comunità, solenne promessa di stabilità, conversione continua e obbedienza al cospetto di Dio e di tutti i suoi Santi, in modo da essere pienamente consapevole che, se un giorno dovesse comportarsi diversamente, sarà condannato da Colui del quale si fa giuoco.

4. Il rito di accoglienza si svolge in questo modo: il Fratello che chiede di aderire pronuncia la richiesta solenne “Accoglimi, Signore, secondo la tua promessa e vivrò; e non deludermi nella mia speranza”. Tutta la comunità ripeta per tre volte lo stesso versetto, aggiungendovi alla fine il Gloria. Poi il novizio si rivolga ai Fratelli individualmente, per chiedergli di pregare per lui e da quel giorno sia considerato membro della comunità.

5. Il Priore, accolto il nuovo Fratello, annota sul libro della Confraternita il suo arrivo. Consegna al Fratello l’anello che dovrà sempre portare, oltre alla kippah da indossare durante la celebrazione della messa e i momenti di preghiera.

Capitolo XVIII - L’ordine della Confraternita

1. Nella Confraternita ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo ingresso e mantenga l’esemplarità della sua condotta.

2. In nessuna occasione l’età costituisca un criterio distintivo, nella Confraternita non esistono gerarchie se non il primato del Priore. Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudicarono gli anziani. Il Fratello arrivato per esempio nella Confraternita alle 9, sappia di essere più giovane di quello arrivato alle 8, quale che sia la sua età.

Capitolo XIX - Il buon zelo dei Fratelli

1.Come c’è un cattivo zelo, pieno di amarezza, che separa da Dio e porta all’inferno, così ce n’è uno buono, che allontana dal peccato e conduce a Dio e alla vita eterna. Ed è proprio in quest’ultimo che i Fratelli devono esercitarsi con la più ardente carità e cioè: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore; sopportino con grandissima pazienza le rispettive miserie fisiche e morali; nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma piuttosto ciò che giudica utile per gli altri; si portino a vicenda un amore fraterno e scevro da ogni egoismo; temano filialmente Dio; non antepongano assolutamente nulla a Cristo, che ci conduce tutti insieme alla vita eterna.

Capitolo XX - La modesta portata di questa regola

1. Ho abbozzato questa Regola con l’intenzione, mediante la sua osservanza insieme a coloro che considero miei Confratelli, di riuscire almeno a dar prova di possedere una certa rettitudine di costumi e di essere ai primordi dell’esistenza di una Confraternita di pellegrini.

2. Del resto, chi aspira alla pienezza di quella vita dispone degli insegnamenti dei santi Padri, il cui adempimento conduce all’apice della perfezione.

3. C’è infatti una pagina, anzi una parola, del nuovo Testamento, che non costituisca una norma esattissima per la vita umana ?

4. O esiste un’opera dei Padri della Chiesa che non mostri chiaramente la via più rapida e diretta per raggiungere l’unione con il nostro Creatore?

5. Che altro sono tali insegnamenti per i Fratelli fervorosi e obbedienti, se non mezzi per praticare la virtù?

6. Ma per noi, svogliati, inosservanti e negligenti, ciò è motivo di vergogna e di confusione. Mi rivolgo a te Fratello supplicandoti di utilizzare e sviluppare al meglio la tua capacità di disciplina e di saperti autocensurare, quando ti accorgi di avere commesso mancanze.

7. La Regola è destinata ad essere migliorata con le modifiche che possono essere proposte e discusse nel corso delle adunanze.
Chiunque tu sia, dunque, che con sollecitudine e ardore ti dirigi verso la patria celeste, e decidi di mettere in pratica con l’aiuto di Cristo questa modestissima Regola, abbozzata come una semplice introduzione, con la grazia di Dio ti auguro di giungere finalmente a quelle più alte cime di scienza e virtù di cui abbiamo parlato sopra.


Così sia.

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